Destinazione centro della Terra
di Giorgio Scroffernecher
Nature Geoscience è una rivista accademica diffusa nella comunità scientifica mondiale. Pochi giorni fa ha pubblicato uno studio di Yi Yang e Xiaodong Song dell’Università di Pechino, secondo il quale il nucleo interno del nostro pianeta ha smesso di ruotare e sta per invertire il senso del suo movimento.
Il fenomeno è misterioso anche se le ipotesi interpretative sono sempre accompagnate da rassicurazioni: nessuna catastrofe planetaria sarebbe imminente, salvo, forse, la durata del nostro ciclo giornaliero. Una parte della comunità alza il sopracciglio con scetticismo. Se deboli sono le tesi cinesi, altrettanto lo sono quelle dei detrattori.
Il nucleo centrale è, appunto, il centro della Terra, quello che tutto attrae con la forza di gravità. Senza questa tutto si disperderebbe come una nuvola nel vento. Una sfera grande come Marte costituita da un terzo della materia totale del nostro pianeta. Quindi molto solida, circondata da una stratificazione liquida che ne consente il movimento. Il centro della Terra – 5 mila chilometri sotto i nostri piedi – ha una temperatura di 5.000 gradi, come la superfice del Sole.
Ipotesi, teorie, congetture: nulla di certo e indubitabile. Le ragioni risalgono al fatto che appena si inizia ad andare nelle profondità del Pianeta, le pressioni e le temperature diventano impossibili, ci spiegano gli esperti, manifestando contraddizione con quanto succede nell’ingegneria aerospaziale.
Infatti, se volgiamo lo sguardo dalla parte opposta tutto si apre, diventa luminoso e raggiungibile, nonostante gli spazi infiniti. Frequentiamo da tempo, per ora solo con le nostre strumentazioni, il pianeta Marte che si trova ad una distanza media di 228 milioni di Km, una volta e mezzo la distanza Terra-Sole.
La NASA ha un budget annuo di 20 miliardi di dollari. Gli USA investono complessivamente nello spazio lo 0,5 del PIL, nel 2020 una somma di 22.629 miliardi di dollari. Poi ci sono gli investimenti della Cina, Russia e ora anche di alcuni paesi emergenti.
Nel 1970 una suora dello Zambia di nome Mary Jucunda scrisse una lettera accorata a Ernst Stuhlinger (Marshall Space Flight Center NASA) domandandogli le ragioni per le quali si spendono tanti miliardi per l’esplorazione dello spazio, quando con anche solo una piccola parte di quelle somme si potrebbero sfamare milioni di bambini malnutriti. Lui rispose gentilmente con una lunga lettera fondata sulla sicurezza che nel lungo periodo tali esplorazioni avrebbero permesso di risolvere problemi simili a quello della fame nel mondo. Domando: sono passati 53 anni, quanto è lungo il lungo periodo maresciallo Stuhlinger?
La letteratura, la cinematografia, l’industria dell’intrattenimento sono zeppe di spazio cosmico, al di sopra della crosta terreste. Quando si cita qualcosa di simile dedicato a quanto sta sotto la stessa crosta, ancora si va al “Viaggio al centro della Terra”, il romanzo del 1864 di Jules Verne, che narra di un gruppo di coraggiosi esploratori che si sono inoltrati nelle viscere del pianeta attraverso le bocche spente del vulcano islandese Sneffels, per riemergere alcuni mesi dopo con la lava del nostro Stromboli.
Ecco la domanda al fondo: perché mai l’umanità è così appassionata a ciò che l’allontana dal suo mondo, e per nulla a quello che lo porterebbe al suo interno?
Offro una risposta esistenziale. Noi umani, fanciulli immaturi, consideriamo ‘Pacha Mama’ la mamma alla quale tutto si può chiedere, anche la vita, e nulla si deve dare. Conosciamo di lei solo quello che prendiamo con poca spesa e tanta resa, senza curarci del suo dolore e dei suoi bisogni. Il modello valoriale è quello del petrolio, l’oro nero in tutti i sensi: tra le cause principali del nostro disastro climatico, ha generato povertà per i poveri e ricchezza per i ricchi a suon di corruzioni che continuano oggi: fino al Parlamento Europeo e tra le fila dell’esercito afghano che doveva fermare gli orrendi talebani.
Abbiamo il Sole che avrebbe tutta l’energia che ci serve e forse ne abbiamo un altro inesauribile al centro della Terra che neppure prendiamo in considerazione. Sappiamo tanto sul ‘fuori’ e nulla sul ‘dentro’ che resta ignorato, trascurato, sconosciuto. Una sorta di continente inesplorato secondo Francesco Sauro, padovano – classe 1984, insegnante di Geologia planetaria all’Alma Mater Studiorum di Bologna. Un paradosso: Sauro ha scritto un libro che titola “Il continente buio” (il Saggiatore) e ogni anno accompagna i futuri astronauti nelle viscere della terra, per formarli e prepararli nelle condizioni di silenzio e buio analoghi a quelli che troveranno nello spazio.
Condotto dal padre quando aveva 15 anni, frequenta da allora caverne e profondità dichiarando «La grotta resta ancora luogo oscuro, sebbene sia stata la culla dell’umanità, la casa naturale da dove ha mosso i primi passi. Ho potuto vedere con i miei occhi quanto il mondo sotterraneo sia parte di questo pianeta che conosciamo così poco».
Ritenuto uno dei più importanti speleologi al mondo, Francesco Sauro è nella classifica dei “10 next generation leaders”, uno dei dieci giovani più influenti al mondo per le scoperte scientifiche.
Chissà, forse questo giovane italiano segnerà quell’inversione di tendenza – scientifica e esistenziale – che il pianeta Terra e tutti i suoi abitanti attendono.
Sabato, 4 febbraio 2023 – n°5/2023
In copertina: alcuni membri della squadra di Francesco Sauro in attività nella grotta acquifera Rainbow Lake – Foto: ESA– V. Crobu