“Short stories“
di Paola Perini
“Sono dispiaciuta per te”. E’ la frase che mi dice Mariham dopo essersi informata del mio stato civile. Stato civile di cui vado molto orgogliosa: nubile, indipendente e senza figli.
Mariham è giordana ed è di una famiglia benestante. Ha studiato. Ora lavora ad Amman.
“Perchè Mariham sei dispiaciuta per me?”. “Perché mia madre ha la tua età ed è divorziata. E’ incompleta ma non come te. E’ una donna che ha studiato e lavora. Mio zio, suo fratello, la aiuta ad essere rispettata. Lei ha avuto me. E’ una donna. E’ una madre.” Mi spiega che vivere senza una propria famiglia alla mia età, poco più che quarantenne, nel suo Paese è un segno di fallimento. A quell’età le possibilità di trovare un marito sono quasi inesistenti. Mi chiede se ho un fratello o un padre che può essermi di aiuto e proteggermi.
E’ la mancanza della maternità che però stupisce ancor più in negativo Mariham. “Perché non hai figli?”. “Perché non li ho desiderati né voluti”. “Perché non ne ho avuto occasione”. “Perché ho avuto una vita impegnata nello studio e nel lavoro e non avevo spazio per un bambino e una famiglia”. Ho sgobbato molto. Forse ho avuto meno. Ma sono riuscita ad essere riconosciuta professionalmente, a rendermi indipendente economicamente, ad essere rispettata e accolta socialmente, ad esprimere chi sono.
Le sue domande non mi offendono. Capisco il suo pensiero. La ringrazio perchè mi invita a riflettere attraverso i suoi occhi.
Il suo “Sono dispiaciuta per te” può essere frutto di un modello mentale, di una cultura, di una società. Il suo “Sono dispiaciuta per te” può essere espressione di un sentimento di vicinanza, di affetto. Il suo “Sono dispiaciuta per te” può essere un’apertura a trovare insieme un punto di incontro.
Mariham mi stringe le mani nelle sue e mi dice “Grazie, ho visto tante altre possibilità. Ora, siamo felici e soddisfatte?”
Sabato, 20 agosto 2022 – n° 34/2022
In copertina: Amman – Foto di Paola Perini (tutti i diritti riservati)