giovedì, Novembre 21, 2024

Ambiente, Società

Sostenibilità

“Life did not take over the world by combat, but by networking.

di Paola Perini

«La vita non si è impadronita del mondo con lo scontro, ma con l’interconnessione» Lynn Margulis, Microcosmi: quattro miliardi di anni di evoluzione microbica.

La strada dell’evoluzione è modellata da tutti noi. E pensando proprio all’evoluzione, molto a cuore a chi ha capacità generativa, mi sono domandata quali sono oggi le parole che descrivono nel mio lavoro la mia relazione con la natura.

Impadroniamoci del mondo: sostenibilità 

Ho incontrato la parola sostenibilità nell’89, pochi anni dopo la pubblicazione del primo rapporto Brundtland dell’UNPE dove la parola è apparsa  per la prima volta. Con essa, l’accordo con le nostre sorelle e fratelli del pianeta diventava di “assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere le possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni”.

Mi è piaciuta molto la capacità della ‘sostenibilità’ di collegare la parola sviluppo con la ‘riproducibilità’ delle risorse naturali e l’‘equità’ sociale a livello dell’intero Pianeta. Riusciva ad abbracciare anche il tema emergente della globalizzazione coinvolgendo la popolazione verso nuovi stili di vita. 

Curiosa e pragmatica come sempre, ne ho cercato la radice e anche la praticabilità. Il suo seme nasceva nei primi anni ’70 da quel rapporto commissionato dal Club di Roma e basato su una simulazione al computer, che Donella H. Meadows  e il gruppo del MIT aveva realizzato sotto il titolo di “The limits of growth”. Il rapporto portava l’attenzione a una sostanziale contraddizione tra la crescita continua del prodotto lordo materiale dei diversi Paesi e la limitatezza delle risorse, nonché della capacità dell’ambiente di assorbire i rifiuti e le emissioni inquinanti. 

Insomma se la crescita economica dipende dallo stock di risorse naturali della Terra, mantenere la ‘riproducibilità’ di tali risorse rappresenta la chiave per la sostenibilità.  Riproducibilità mantenuta solo da un uso razionale delle risorse che tenga conto dei meccanismi di funzionamento degli ecosistemi e in generale della capacità di carico ambientale, e da questa  è stata chiara la necessità di incentivare  fin da subito la ricerca  e l’utilizzo di risorse rinnovabili e le tecnologie abilitanti. 

Proprio da qui è cominciata la mia avventura nell’innovazione tecnologica. Ma quando si è cominciato a parlare di ‘sostenibilità‘ non si prendeva atto di  quanto l’azione umana stava contribuendo al cambiamento climatico e alla distruzione della biodiversità e quanto fosse importante non rimandare ad una ‘superficiale’ o addirittura ‘cieca’ fiducia tecnologica di salvare il Pianeta.  

La vita non si è impadronita del mondo attraverso lo scontro: cambiamento climatico.

Ho incontrato precocemente il cambiamento climatico nel 2007, quando ho partecipato ad alcuni lavori per la progettazione e implementazione del tema Ambiente del 7° programma quadro di Ricerca e Sviluppo Tecnologico della Commissione Europea. Di converso il cambiamento climatico per l’invisibilità delle cause, la mancanza di un’immediata e diretta esperienza degli impatti e un diffuso disconoscimento dell’influenza globale dell’attività umana, è stato un argomento tenuto nel sottofondo fino a quando alla fine del 2009 la conferenza ONU di Copenhagen, COP 15, ha  fatto emergere le prove che gli impatti del cambiamento climatico si stavano già manifestando e più velocemente di quanto si pensasse.

Ma con la realtà, anche se ancor poco riconosciuta del cambiamento climatico, la parola ‘sostenibilità’ mantiene validità  generale e senso condiviso. Sicuramente i nostri stili possono rendere più sostenibile la nostra vita, e le tecnologie e la rete ci possono aiutare ad amplificarli sia nel bene che nel male.  Stiamo rispondendo con un comportamento sicuramente adattivo, ma con le stesse logiche che hanno generato il problema!!!!

Se poi lo sviluppo della tecnologia si porta dietro anche la stessa cecità umana che nasconde la realtà cui si sta andando incontro, possiamo avere impatti che peggiorano complessivamente la situazione ambientale. 

Per esempio quasi tutti utilizziamo quotidianamente il browser per la nostra navigazione nello spazio infinito di Internet. Le nostre ricerche sono supportate da grandi modelli basati sul linguaggio naturale che richiedono cicli di allenamento e ri-allenamento basati sull’intelligenza artificiale.  Il consumo energetico, le emissioni di anidride carbonica e i costi finanziari dell’allenamento e ri-allenamento dei grandi modelli di linguaggio allo stato attuale sono piuttosto significativi. Per esempio uno dei più recenti metodi basato sulla NSA- Architettura di ricerca neurale ha prodotto l’equivalente di 284 tonnellate di CO2, circa il consumo dell’intero arco di vita di cinque automobili americane e di circa 57 anni di una vita umana.

E’ un dato rilevante che ovviamente si ammortizza con l’estrema ampiezza dell’uso, ma il costo ambientale, sia in termini di energia consumata che di emissioni di anidride carbonica, passando da una tecnologia all’altra nel corso degli ultimi 5 anni, si è moltiplicato da 7 a 10 a più di 400 volte. Ma quanti e come ne siamo consapevoli? Solo se mi mettono l’etichetta energetica forse posso  capirlo.

Ma seduta dalla mia comoda poltrona non vedo gli effetti, fa solo più caldo, le stagioni non sono più le stesse e ci sono più eventi meteorologici straordinari.  Senza sporgermi attraverso la mia finestra virtuale, dove posso recuperare tutti i dati sullo stato del Pianeta e della sua correlazione con anche l’attività dell’uomo, penso che la parola ‘sostenibilità’ stia avendo gravi segni di obsolescenza. In questi anni ha saputo attivare l’innovazione sociale, in cui credo, lavoro e produco valore, anche per riparare implicitamente i danni dell’innovazione tecnologica ma non ha aiutato a spostare la focalizzazione dall’uomo, e dalla sua superiorità, al sistema, al nostro Pianeta, in cui siamo immersi e di cui condividiamo le sorti e che ci sostiene con la complessità e ricchezza dei suoi ecosistemi.  

La forza della rete (o della ragnatela della vita): adattamento ecosistemi

Guardando la realtà invece dalla più lontana periferia non posso che prendere  atto della  vulnerabilità dell’uomo e delle sue comunità agli impatti del cambiamento climatico. 

Io sono nata nel Polesine, la terra che è sul delta del Po, e conosco la furia dell’acqua. Ha fatto emigrare i miei genitori e con loro mio fratello ed io. La migrazione è stata la nostra via di fuga. 

Ma quando quella terra è la tua radice e la tua opportunità, oppure quando più semplicemente non te ne puoi andare, rimanere significa che il cambiamento climatico diventa ancora più abbondanza di acqua, perdita di produzioni agricole, malnutrizione  e aumento di ragioni di conflitto per l’accesso alle risorse. Si proprio così, mezzo grado in più di temperatura pare che produca un aumento di rischio di conflitto armato fino al 20%.  

Penso che coltivare almeno la ‘resilienza’ ecologica come esseri umani, permetta di rimanere trovando gli elementi in grado di riparare e guarire dai traumi ambientali la terra e la comunità in cui viviamo. 

Proprio quando mi accorgo della non sostenibilità della “sostenibilità”, allargare l’attenzione dalle tecnologie artificiali alle tecnologie naturali, le nature-based solutions, prestando attenzione alla interconnessione e interdipendenza con gli eco-sistemi diventa un motore in più verso l’adattamento e la riduzione di questa vulnerabilità che vedo. 

Essere in grado di sviluppare la capacità di adattamento osservando, apprendendo e alterando  positivamente le relazioni con l’ambiente rispettando almeno la condizione di “adattamento basato sugli eco-sistemi” (eco-system adaptation). Parola espressa nel 2008 che è fondamento di lungo termine della “sostenibilità” per conservare la natura e il cambiamento climatico e che è entrata a far parte anche del mio lavoro negli ultimi anni.  

Sono sempre nel paradigma della “sostenibilità”, più vicina alla natura di quando ho cominciato, consapevole della inevitabilità della mia influenza attiva sui problemi del Pianeta, di essere anch’io nel problema, ma con una prospettiva diversa prendendomi cura delle mie interdipendenze, delle mie relazioni, sviluppando le affinità con gli esseri viventi comunicando, collaborando e cooperando in  azioni, anche micro-azioni, concrete  cercando di fare di questo presente un buon futuro.   

Mi accingo a partecipare ad una challenge nella biodiversità con i miei vicini, così almeno capisco direttamente la resilienza, la preservazione e lo sviluppo degli eco-sistemi sperando di avere degli spunti anche sul fronte dell’innovazione nell’imprenditorialità generativa e del cambiamento di paradigma!!!

Sabato, 8 gennaio 2022 – n° 2/2022

In copertina: immagine David Zinn – Arte 3D con gesso

Condividi su: