Quando la popolazione locale supportò l’esercito contro i miliziani jihadisti arrivati dalla Libia
di Laura Sestini
La cittadina di Ben Guerdane è l’ultimo centro abitato tunisino sulla direttrice che conduce alla frontiera libica di Ras Jedir, distante circa 30 chilometri, il cui paesaggio tra le due località è contraddistinto da un ambiente pre-desertico, disabitato, piatto e polveroso, con qualche sparuto eucalipto che resiste alla siccità. Il confine libico è lungo circa 460 chilometri, lungo la Tunisia, fino all’Algeria.
Ben Guerdane (Bin Qardan), conta circa 70mila abitanti, un centro urbano caotico, ipertrafficato, cresciuto per necessità intrinseche più che per una precisa logistica urbana.
La disoccupazione giovanile è altissima, così come quella delle donne anche istruite; l’età media dei cittadini intorno ai 30 anni, il 19% sono gli analfabeti. Qui c’è un gran viavai di libici – o auto targate tali – trafficanti di beni di tutti i generi, anche di prima necessità, e molto carburante, a cui si unisce buona parte della popolazione per mancanza di alternative lavorative; un’economia informale da cui dipendono moltissime famiglie di Ben Guerdane e del governatorato di Medenine a cui appartiene.
Ben Guerdane ha ben poco di turistico in senso stretto, per una visione occidentale, non ci sono opere d’arte da ammirare o edifici di particolare rilevanza; però la sua posizione geografica è strategica e soprattutto la popolazione locale, nel 2016, si è particolarmente distinta contro il terrorismo islamico, in un’azione eroica, a contrasto di un attacco armato di miliziani jihadisti provenienti dalla vicina Libia.
La notte tra il 6 e 7 marzo 2016, alcuni degli abitanti che aprono le loro semplici botteghe prima dell’alba, già molto presto si erano accorti di strani movimenti, di volti di uomini non abituali da incontrare nella loro città.
Di lì a breve, infatti, alcuni edifici di enti governativi verranno attaccati contemporaneamente da un gruppo di 80 militanti mascherati e armati dello Stato islamico e di Ansar al-Sharia, il braccio tunisino affiliato ad Al Qaeda.
Per prima verrà sequestrata una moschea, dal quale minareto sarà inviato un messaggio alla popolazione per rimanere all’interno delle proprie abitazioni, mentre gli assaltatori tentavano di prendere possesso di una caserma dell’esercito, all’entrata Nord di Ben Guerdane, del comando della Guardia Nazionale, dove cadde vittima il comandante, e di altri edifici di polizia locale. Lo scopo era prendere il controllo della città, dove istituire un emirato del Califfato Islamico in Tunisia.
La cosiddetta “Epica battaglia di Ben Guerdane” durerà tutto il giorno, con una ventina di vittime tra forze armate e popolazione civile, di cui una ragazzina di 12 anni; circa 55 saranno i militanti della jihad islamica rimasti uccisi, mentre altri verranno inseguiti ed arrestati nei giorni a seguire.
Gli attentatori conoscevano bene la città, infatti oltre la metà dei miliziani era di origine tunisina – come affermerà il Primo Ministro tunisino Habib Essid.
In seguito all’attacco, nel tentativo di fermare l’infiltrazione del Califfato Islamico nei suoi territori, la Tunisia costruirà una barriera di circa 200 chilometri lungo il suo confine con la Libia.
La reazione dei cittadini di Ben Guerdane all’attacco armato della città, con probabile sorpresa dei militanti islamisti, fu inaspettata. Questi reagirono in maniera compatta alla furia dei miliziani imbracciando i propri fucili da caccia, ed anche disturbando l’attività dei terroristi con lanci di pietre; a supporto delle forze armate tunisine tutti agivano con le proprie risorse, anche segnalando le posizioni dei miliziani, consentendone la cattura o l’uccisione.
A causa della vicinanza con la Libia, e della precarietà dei confini, la città di Ben Guerdane è sempre stata tacciata di fornire braccia armate all’Isis, per la facilità dei movimenti da e per la Libia, giustificata dalla mancanza di occupazione lavorativa. E’ anche vero che la Tunisia ha fornito il numero più alto di foreign fighters alla causa islamista, circa 8000 unità, da fonti non ufficiali.
Con la difesa della propria città, la popolazione di Ben Guerdane ha quindi ripristinato la verità, affermando e dimostrando la propria lontananza dal Califfato Islamico, la lealtà alla Repubblica tunisina, cancellando ogni calunnia attribuitagli.
“Durante la mattina presto del 7 marzo 2016 – ricorda Fatima (nome di fantasia, donna di 30 anni nel 2016) – abbiamo sentito strani rumori di proiettili provenire dalla zona di Jalal, nella periferia di Ben Guerdane. Poco dopo, attraverso il tam tam di amici e familiari, si è scoperto che si trattava di un attacco alla caserma militare. Le nostre forze armate hanno risposto all’attacco. Gli scontri si sono spostati poi nel centro di Ben Guerdane. La gente si è schierata fianco a fianco con l’esercito e le forze di polizia e le cellule terroristiche sono state sgominate con successo.
Si è scoperto che queste cellule jihadiste intendevano controllare la città di Ben Guerdane. Erano entrate dalla Libia, paese che soffre di caos sul piano della sicurezza e forte proliferazione di armi.”
Le attività dello Stato Islamico in Tunisia sono iniziate “ufficialmente” il 18 marzo 2015, con il tragico attentato terroristico avvenuto al Museo Nazionale del Bardo, nella capitale Tunisi, dove 23 persone, in maggioranza turisti europei, furono freddate in loco, e si contarono decine di feriti, di cui uno spirerà nei giorni a seguire; due degli attentatori erano militanti tunisini, Yassine Labidi e Saber Khachnaoui, uccisi dalla polizia.
Nel giugno dello stesso anno sarà compiuto l’attacco di Sousse (Port el Kantaoui), dentro un resort per turisti e nella spiaggia antistante, mietendo 38 vittime, di cui la maggioranza di nazionalità britannica. “Uomini addestrati nei campi jihadisti in Libia”, riferiranno le fonti governative tunisine, di cui almeno un uomo tunisino.
Gli episodi di attacchi armati allo Stato tunisino sono numerosi, verificatisi anche prima delle rivoluzioni arabe – tunisina e libica – fin dagli anni 2000, spesso con azioni di singoli contro le forze dell’ordine, che tuttora perdurano.
Nel 2022, per l’attacco di Ben Guerdane, su oltre 90 imputati, 16 sono stati condannati a morte, sebbene la Tunisia non pratichi formalmente la pena capitale, numerosi all’ergastolo e pene più lievi. Pochissimi sono stati scagionati.
Il Presidente tunisino Saïed ha affermato che “sono state vinte diverse battaglie, ma la guerra al jihadismo non è ancora conclusa.“
Sabato, 28 ottobre 2023 – n°43/2023
In copertina: la strada che congiunge Ben Guerdane alla frontiera libica di Ras Jedir – Foto: 2023©LauraSestini (tutti i diritti riservati)