Il disagio di vivere nella società contemporanea
di Laura Sestini
Un episodio di suicidio avvenuto nel 2021 nel livornese, un territorio che si intreccia tra ambiente urbano del capoluogo, i comuni della provincia e gli ambienti della costa vacanziera, generò grande sgomento tra le migliaia di persone, amici, parenti, colleghi di lavoro e sconosciuti che lo appresero dal quotidiano locale e, forse, prima ancora sui social.
Un giovane padre trentenne, di famiglia abbiente, in un giorno di primavera che a tutti parve similare agli altri, decide di impiccarsi. Per lui quel giorno fu il più rilevante della sua giovane esistenza.
Il tragico evento ci ha dato una spinta per approfondire il fenomeno: era un caso isolato quella morte così sofferta, oppure qualcosa più vasto?
I dati Istat, sui suicidi dei giovani nella fascia di età compresa tra 15 e 34 anni, necessitano di una riflessione, di una presa di consapevolezza, soprattutto da parte della politica. Gli ultimi dati disponibili sono del 2019.
Il totale generale annuale, nel 2019, per i casi di suicidio (tutte le età), risulta essere di 3759 persone, di cui 2927 uomini e 832 donne. La fascia di età 15-34 anni conta 514 casi, di cui 414 maschi e 100 femmine (grafico1). Sul totale dei suicidi entro la popolazione di tutte le età nel 2019, la percentuale dei 15 – 34enni risulta il 13,67%.
I 514 casi di suicidio dei 15-34 anni, divisi per genere, evidenziano l’80,5% degli eventi di morte autoinflitta per il sesso maschile, e il 19,95% per il sesso femminile. Un dato di grande importanza, che solleva una nuova domanda: quali maggiori disagi hanno i giovani di sesso maschile rispetto alla controparte femminile?
Relativamente alla modalità di suicidio, uomini e donne si incontrano nel condividere la morte per impiccagione come la più utilizzata, 224 maschi su 414 e 40 femmine su 100. Stranamente anche per la seconda modalità “preferita”, i due sessi si trovano d’accordo: lanciarsi nel vuoto (grafico n°2).
Particolarmente interessante per la ricerca risultano i dati sull’associazione del suicidio con
le malattie, sullo stato di salute mentale delle vittime – indicatore primario – ed altre tipologie di malattie fisiche.
Per i soggetti maschi risultano malattie mentali associate al suicidio relativamente a 47 persone, circa il 10,5%, e nessuna malattia fisica (grafico 3); mentre per le femmine (grafico 4) la percentuale di intreccio tra malattie mentali e fisiche incide al 9%.
Pregiudizi e luoghi comuni possono portare alla credenza che chi compie suicidio soffra di
qualche disturbo mentale-psicologico; al contrario, i dati evidenziano che circa il 90% delle persone compie suicidio con “consapevolezza”.
L’Istat – Istituto nazionale di statistica – è un ente pubblico di ricerca, che su occupa di censimenti sulla popolazione ed altri settori nazionali, da dove si può attingere dati variegati sugli argomenti di interessa.
Tornando alla tematica che abbiamo deciso di affrontare, triste ma tangibile, su cui non si dovrebbe passare sopra indenni, altri dati numerici profilano meglio le giovani persone che decidono di farla finita con questo mondo che evidentemente non hanno saputo affrontare completamente. Spesso le persone che si suicidano non lasciano dettagli del loro gesto estremo, quindi, anche se ormai tardi, non si mai potrà comprendere fino in fondo i tanti perché della loro decisione.
Tra i dati raccolti, sembra interessante la cittadinanza delle persone che hanno vissuto in Italia e poi sono scomparse. Per entrambi i sessi, la maggioranza delle persone risultano di origine italiana, e proveniente dai Paesi europei; nel sesso femminile, spicca anche un centro numero di donne latine centro e sudamericane, parimenti alle donne provenienti dai Paesi europei (grafici 7 e 8).
Infine, sono stati estratti i dati sul livello di istruzione dei 15-34enni che nel 2019 hanno compiuto il suicidio, con questa domanda: il livello di istruzione può influenzare, in più o in meno, una decisione così estrema come togliersi la vita?
Dalle tabelle che riportano questi dati, che si dividono anche per aree territoriali, si apprende che i numeri più alti di decesso per suicidio risultino nelle due fasce intermedie di istruzione, ovvero la scuola secondaria inferiore e il diploma di scuola superiore, mentre le fasce più basse e più alte di istruzione, scuola primaria e diploma di laurea, hanno entrambe numeri più esigui (grafici 9 e 10).
Inoltre è prevedibile che nel 2019 – nella fascia di età compresa tra 15 e 34 – sia quasi impossibile
trovare giovani che non abbiano almeno superato la scuola dell’obbligo, mentre per i
laureati è dato per sicuro che siano sempre in percentuale inferiore ai diplomati; infatti dai
dati Istat, nel 2019 si sono diplomati 17.510 studenti, contro 7314 laureati.
Quindi, in sintesi, la maggioranza dei suicidi avvengono tra i giovani della fascia di istruzione più comune, licenza scuola media e diploma delle scuole superiori, che per numero di soggetti è anche la più numerosa.
Sabato, 18 marzo 2023 – n°11/2023
In copertina: immagine di Tumisu/Pixabay