Le truppe russe hanno invaso il Paese e attaccano con aerei e missili
di Ettore Vittorini
Quanto si sperava non dovesse accadere si è invece verificato all’alba di giovedì: Vladimir Putin il presidente russo – oppure il moderno “Zar di tutte le Russie”, come forse si immagina di essere – ha dato ordine alle sue truppe di invadere l’Ucraina. E adesso è guerra, a partire dalla regione ucraina del Donbass dove era in corso da tempo un conflitto locale tra le bande filorusse foraggiate da Mosca e l’esercito di Kiev.
Due giorni prima Putin aveva riconosciuto il Donbass come Stato indipendente e adesso giustifica l’invasione come un portare aiuto alla popolazione di quella regione “oppressa dagli ucraini”. In un intervento alla televisione ha promesso che non invaderà tutta l’Ucraina, ma intanto le artiglierie e gli aerei russi bombardano le città di Donetsk, Mariupol e Odessa, oltre uno degli aeroporti di Kiev, causando distruzione e vittime.
Ormai non c’è più da fidarsi delle sue promesse: Putin vuole riprendersi tutte le regioni dell’ex Unione Sovietica divenute indipendenti dopo il crollo del regime comunista avvenuto nel 1991. E si spera che non voglia arrivare ad annettersi anche le tre Repubbliche baltiche – Estonia, Lettonia e Lituania – come fece Stalin dopo l’accordo con Hitler del 1939.
L’impresa di Putin si potrebbe paragonare a quanto accadde il 31 di agosto di quello storico anno quando un gruppo di falsi militari con divise polacche attaccarono la stazione radio tedesca di Gleiwitz, una cittadina di confine. In realtà quella azione fu ordita a Berlino: gli attaccanti erano dei detenuti delle carceri tedesche obbligati a indossare divise polacche e ad assaltare la stazione radio. Dopo vennero tutti uccisi dai nazisti. Fu il pretesto per giustificare all’opinione pubblica tedesca e internazionale l’invasione della Polonia che avvenne il primo settembre.
Tornando a oggi, aveva dunque ragione il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, quando avvertiva in continuazione gli Stati alleati che l’attacco all’Ucraina sarebbe stato imminente. Il suo allarme veniva accolto con scetticismo e addirittura molti notisti politici lo definivano come il grido di “al lupo, al lupo”.
Adesso tutti i Paesi della NATO e anche il Giappone, sono compatti nel reagire attraverso sanzioni durissime che dovrebbero isolare la Russia economicamente e finanziariamente. Bisognerà attendere i fatti, perché sino a pochi giorni fa i Paesi che alimentano le proprie industrie con più del 40% per cento del gas russo – soprattutto Italia e Germania – erano restii nell’applicare sanzioni più severe.
La Germania il giorno prima dell’invasione aveva deciso di bloccare il gasdotto Nordstream 2 collegato con la Russia. Una decisione poco incisiva, visto che non era ancora in funzione. Le difficoltà invece colpirebbero duramente gli stretti legami economici e commerciali che i tedeschi mantengono con Mosca. Per esempio Gerhard Schroeder – cancelliere socialdemocratico dal 1998 al 2005 e grande amico di Putin – due settimane dopo la sconfitta elettorale del SPD, divenne presidente del consiglio di sorveglianza della Rosneft una società che deteneva la maggioranza delle azioni Gazprom, l’azienda russa considerata la maggior esportatrice di gas nel mondo. Anche ex ministri socialdemocratici e funzionari del partito avevano ottenuto importanti incarichi nei settori dell’energia collegati alla Russia. Forse da qui derivano le cause del declino della socialdemocrazia che si è risollevata soltanto alle ultime elezioni.
Nella risposta a Putin il governo italiano appare unito anche se rimangono ancora alcuni tentennamenti di Matteo Salvini che sino a pochi giorni fa si considerava ideologicamente molto vicino al presidente russo. Aveva indossato in diverse occasioni Tshirt con l’immagine del capo del Cremlino e aveva anche dichiarato che “Putin valeva quanto due volte il Presidente Mattarella”.
Sarà possibile fermare il nuovo Zar nelle sue mire espansionistiche? Le sanzioni previste potrebbero contribuire allo scopo: giovedì la Borsa di Mosca è crollata e ha dovuto essere chiusa; gli oligarchi russi incominciano a manifestare qualche dissenso verso il loro amico presidente perché i grandi benefici economici e finanziari di cui hanno goduto fino adesso potrebbero ridursi notevolmente; tra l’altro le loro famiglie – poverine – non potranno più recarsi a rifornirsi nei negozi di lusso di Milano o comprare ville nelle località più in vista della Toscana. Devono tutti riconoscenza a Putin come per esempio il suo maestro di judo divenuto ricchissimo. Lui li tratta come fa con i suoi più vicini collaboratori che osano contraddirlo, cioè con disprezzo.
L’opinione pubblica russa in maggioranza da un lato subisce – come ha fatto col regime degli Zar e quello sovietico – dall’altro approva l’operato ultranazionalista di Putin.
Invece tra ucraini e russi non è mai corso buon sangue: è ancora presente il ricordo dello stalinismo quando il dittatore sovietico tra il 1932 e il ’33 provocò con la riforma agraria una carestia nella regione che produsse milioni di morti. Infatti quando i nazisti invasero l’URSS, vennero accolti con favore dagli ucraini. Se le truppe di Putin occuperanno tutto il Paese, dovranno fare i conti con una forte resistenza.
Se siamo arrivati a questo pericoloso conflitto, l’Occidente non è esente da colpe: gli Stati Uniti seguiti come pecorelle dai Paesi della NATO, hanno sempre sottovalutato i cambiamenti della Russia avvenuti dopo la crisi dovuta alla fine del potere comunista di trent’anni fa. Hanno ignorato totalmente le richieste di Mosca di frenare l’allargamento dell’Alleanza atlantica verso Est fino a comprendere alcune ex repubbliche sovietiche, con la prospettiva di accogliere anche l’Ucraina.
L’attuale installazione di missili ai confini con la Russia equivarrebbe per gli Stati Uniti a una ipotetica presenza di missili avversari in Messico. E sappiamo che cosa accadde nel 1962 quando Washington scoprì che a Cuba esistevano postazioni missilistiche sovietiche: il presidente Kennedy minacciò di far scoppiare la terza guerra mondiale se non fossero state rimosse. Il governo di Mosca lo fece dopo un tempestivo accordo tra le due potenze. Allora il presidente sovietico e segretario del PCUS, Nikita Krusciov, era controllato e consigliato dal Politburo, mentre oggi Putin è il padrone assoluto.
Sull’allargamento della NATO a Est, era intervenuto il politologo e storico americano George F. Kennan (1904- 2005) che negli anni Novanta definì “il più grave errore della politica americana dalla fine della guerra fredda e che provocherà in Russia reazioni nazionaliste e militariste”. Non fu ascoltato.
Sabato, 26 febbraio 2022 – n° 9/2022
In copertina: il presidente russo Vladimir Putin – Foto: Kremlin – Ru – CC BY 4.0