Modi perde le elezioni negli Stati-chiave
di Simona Vittorini
Finalmente, dopo otto lunghe settimane di intensa campagna elettorale, il 2 maggio si è concluso lo spoglio dell’ultima tornata di elezioni locali in India.
Il Bharatiya Janata Party (BJP) – il partito del Primo Ministro Modi – ha avuto successo solo in due dei cinque stati nei quali si svolgevano le elezioni, uno dei quali è il minuscolo territorio di Puducherry e anche lì solo come partner minore in coalizione con un partito locale. In Kerala il partito ha perso l’unico seggio che aveva, mentre in Tamil Nadu è riuscito a vincere solo quattro seggi.
Ma domenica 2 maggio, gli occhi di tutti erano puntati sullo stato del Bengala Occidentale – il quarto stato più popoloso della federazione indiana. È stato qui il BJP che si è impegnato più duramente per vincere: hanno speso massicce somme di denaro; strappato decine di candidati dal loro principale contendente e condotto un’energetica campagna elettorale. Come se si trattassero di elezioni a livello nazionale, il Primo Ministro ha tenuto più di 20 raduni elettorali. Il suo braccio destro, ministro dell’Interno Amit Shah non è stato da meno.
Così, quando i risultati sono finalmente arrivati, molti sono rimasti sopresi. I dati parlavano chiaro. Non solo il partito ha dimostrato nuovamente la sua incapacità ad espandere la sua presenza nel sud del paese, ma il popolo del Bengala Occidentale aveva risolutamente respinto il BJP e la sua idea di suprematismo Hindu. Il Trinamool Congress (TMC), guidato dalla minuta ma instancabile Mamata Banerjee, è emerso trionfante. Ha vinto il suo terzo mandato consecutivo migliorando le sue prestazioni dall’ultima tornata elettorale. Si tratta di un’impresa non facile, in un paese come l’India in cui, storicamente, i partiti al potere vengono sconfitti dopo un primo mandato. Il TMC invece, ha vinto più di 200 seggi guadagnando la sua più alta percentuale di voti (48%). Il BJP, che sperava di sconfiggere Mamata, si è dovuto accontentare di 77 seggi.
Sicuramente si è trattato di una vittoria decisiva per il TMC e di una sconfitta cocente per Modi e il BJP. Ma si può già parlare di una netta battuta d’arresto per il Modi e il suo partito?
In parte sì. Vincere nel Bengala Occidentale per Modi avrebbe avuto un importante significato simbolico. Ma ciò che queste elezioni hanno dimostrato (o mostrato i limiti di) è che il suprematismo Hindu e una campagna elettorale basata sulla aggressiva retorica nazionalista e sulla personalità del Primo Ministro non sono sufficienti. Gli elettori sono stati abbastanza chiari.
Eppure, c’è pericolo di leggere troppo in questi risultati. In primo luogo, piuttosto che una sconfitta di Modi, queste elezioni hanno non solo confermato l’importanza dei partiti regionali ma anche il fatto che l’elettorato ha premiato i partiti che sanno governare con giudizio. La fitta offerta di programmi di welfare in Bengala Occidentale ha portato alla crescita della spesa pro-capite rurale e ad una riduzione della povertà superiore alla media nazionale. In Kerala gli elettori hanno premiato la competenza del governo di Pinarayi Vijaian del Partito Comunista Indiano (Marxista) nella gestione della crisi Covid.
In secondo luogo, si è trattato anche di una conferma del persistente fallimento del BJP a fare breccia nel Sud dove il partito ha ottenuto una percentuale di voti più bassa di prima.
C’è anche da aggiungere che storicamente le elezioni locali non sono mai state un buon parametro per fare previsioni a livello nazionale. Quando alla fine del 2018, il partito del Congresso (INC) vinse le elezioni in due stati chiave (Rajasthan e Madhya Pradesh), molti pensarono che il BJP potesse essere sconfitto alle elezioni nazionali che si sarebbero svolte a pochi mesi di distanza. Non solo il partito del Primo Ministro portò a casa una vittoria decisiva del 2019 ma riuscì a conquistare talmente tanti seggi da guadagnare il controllo della Camera bassa del Parlamento federale.
Non dimentichiamo inoltre che, sebbene il BJP non sia riuscito a vincere la maggioranza dei seggi nel Bengala Occidentale, ha sicuramente migliorato la sua posizione. Nella precedente tornata elettorale, il partito aveva ottenuto solo tre seggi. Adesso, con i loro 77 seggi, sono diventati il secondo partito più grande. L’INC e il Partito Comunista d’India (marxista) – quest’ultimo aveva governato nel Bengala occidentale per 7 mandati consecutivi fino al 2011 – sono stati completamente spazzati via.
Sicuramente Modi si trova in difficoltà.
La crescente rabbia per la risposta del Governo alla più grande epidemia di Covid del mondo, l’evidente dissenso nella società civile, e i primi segni dell’emergere di un fronte di opposizione unito possono essere i primi segni di un’inversione di tendenza per Modi.
Non si può negare che questa crisi continuerà a plasmare il futuro della politica elettorale indiana. Mentre le morti continuano ad aumentare in vista della miseria portata da questa seconda onda Covid devastante che sta dilagando attraverso il Paese e ferocia del virus, rabbia e furia è sempre più crescente contro il governo, anche tra i più fedeli sostenitori di Modi.
Di fronte alla potenza del virus, e incapaci di trovare ossigeno, letti d’ospedale e medicine essenziali, gli Indiani si sentono ormai abbandonati dallo Stato e stanno riversando la loro rabbia contro il primo ministro che è dal il 20 aprile che non si fa vivo. Tutto questo, mentre il governo organizza workshop sulla gestione delle immagini per alcuni dei funzionari e chiede a Twitter e Facebook di bloccare gli account che criticano la gestione di Modi della pandemia.
Per un Primo Ministro che aveva fatto dell’autosufficienza il fiore all’occhiello della sua nuova visione dell’India, l’arrivo di aerei carichi di ossigeno e altri aiuti umanitari donati dalla comunità internazionale ha danneggiato l’immagine internazionale del Paese e intaccato la reputazione del primo ministro. La perdita di immagine è stata catastrofica.
Ma il dissenso si era diffuso in India ancor prima che questa seconda micidiale ondata pandemica dilaniasse il paese. La società civile indiana è scesa in piazza in maniera massiccia dando vita a due delle più grandi manifestazioni della storia indipendente del paese: alla fine del 2019, per chiedere l’abrogazione del controverso Citizen Amendment Act (una proposta di legge che garantirebbe la cittadinanza indiana agli immigrati clandestini provenienti da paesi vicini facendo tuttavia distinguo in base religiosa) e, un anno più tardi per protestare contro tre leggi, varate dal governo Modi, che liberalizzerebbero il settore agricolo indiano. Sebbene la repressione dello stato sia stata spesso violenta (con l’arresto di giornalisti e attivisti e l’uso di cannoni ad acqua e gas lacrimogeni per disperdere le folle), solo con l’imposizione del primo lockdown e la furia di questa seconda ondata Covid il governo è riuscito a smobilitare le piazze.
Finora, la mancanza di un’opposizione forte e unita è stato uno dei fattori che ha garantito il successo alle urne del BJP. L’unico partito in grado raccogliere consensi a livello nazionale, il Congresso – lo storico partito di Gandhi e Nehru – è stato sconfitto ad ogni turno elettorale da quando Modi è salito al potere. Ma ciò che queste elezioni statali hanno dimostrato è che il BJP può essere sconfitto. Un fronte unito, guidato da Mamata Banerjee, e sostenuto dai partiti di governo del Kerala e del Tamil Nadu – tutti esplicitamente anti-BJP – sta prendendo forma.
E tuttavia, se l’esperienza del Regno Unito – dove il partito del primo ministro Boris Johnson – ha guadagnato terreno nelle elezioni amministrative che si sono appena concluse nonostante le gravi accuse di corruzione e nepotismo e una disastrosa gestione della crisi Covid – ci insegna qualcosa, allora forse Modi potrebbe essere in grado di schivare il colpo. Non sarebbe la prima volta.
Dopotutto, la capacità camaleontica di Modi a sapere reinventarsi è proverbiale e le elezioni generali sono ancora a tre anni di distanza. Come si sa, la memoria degli elettori è breve.
Sabato, 15 maggio 2021 – n° 16/2021
In copertina: vaccinazioni anti-Covid in India – Foto courtesy India Ngo