venerdì, Novembre 22, 2024

Italia, Politica

Uno strisciante sentore fascista

Come cambiano tempi e volti

di Elio Sgandurra

Il giorno della Liberazione è stato celebrato in tutta Italia con una solennità e partecipazione maggiori rispetto agli anni precedenti. Televisione e radio di Stato, giornali, libri, hanno ravvivato la memoria di quel passato che contribuì alla nascita della nostra Repubblica. Sono stati più incisivi anche gli interventi del presidente Mattarella e del premier Draghi. Quest’ultimo ha parlato a Roma in Via Tasso davanti al Museo storico della Liberazione, edificio in cui durante l’occupazione nazifascista venivano imprigionati, torturati e uccisi centinaia di oppositori.

Mattarella ha pronunciato un discorso con parole più incisive rispetto a quelle rituali, con le quali rievocava l’orrore dell’occupazione e della ferocia delle dittature. Si è rivolto anche ai giovani perché abbiano l’opportunità di conoscere le storie di tanti combattenti per la libertà e di capire fino in fondo il senso del loro sacrificio. Ha anche sottolineato che il linguaggio dell’odio contiene sempre i germi di potenziali azioni violente. Sono parole rivolte anche a coloro che manifestano indifferenza e apatia verso chi oggi vuole calpestare la libertà e i diritti.

Il giorno dopo la ricorrenza, in tante parti d’Italia sono rimaste le lapidi con le corone di alloro ingiallite e i fiori appassiti: solo la memoria costante potrà mantenere vicina ai cittadini l’esistenza di quei luoghi.

Sono i fatti a mantenere viva la memoria. Un esempio viene dal sindaco di Stazzema, Maurizio Verona, il quale per fermare gli attuali nemici della democrazia, ha lanciato l’iniziativa della raccolta di firme per una proposta di legge popolare contro la propaganda e diffusione di messaggi inneggianti al nazifascismo. In poco tempo le firme hanno raggiunto il quorum.

Il comune di Stazzema (Lu) è tragicamente ricordato per la strage compiuta il 12 agosto del 1944 dalle SS tedesche nella frazione di Sant’Anna. Morirono trucidate 560 persone tra cui 130 bambini. Eppure alle ultime elezioni regionali in Toscana proprio in quella frazione, la candidata della Lega, Susanna Ceccardi, aveva ottenuto il 52 per cento di voti. Tra le sue dichiarazioni politiche aveva detto:’ io non sono fascista né antifascista.  La memoria in quel paesino era scomparsa.

Ancora peggio nel comune di Affile (Roma) dove il sindaco Ercole Viri aveva fatto erigere un mausoleo in ricordo del suo concittadino, il generale Rodolfo Graziani. Secondo la massima autorità di quel paese e la maggioranza degli abitanti, il monumento era dedicato alle gesta ‘eroiche’ di quell’alto ufficiale del ‘Regio esercito italiano’. Ebbene il suo ‘eroismo’ consisteva in una lunga serie di eccidi ordinati durante la sua lunga carriera di fascista. Iniziò dalla Colonia di Libia dove in combutta col governatore Badoglio, altro “eroe”, fece massacrare migliaia di libici. 

Nominato governatore dell’Etiopia – dopo un attentato al quale scampò – ordinò altri eccidi tra la popolazione di quella colonia. In due giorni nella sola Adis Abeba furono uccisi 30 mila civili. Inoltre fece trucidare proditoriamente duemila religiosi cristiano-copti nel santuario di Beda Libanos. Non è finita: dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, Mussolini lo nominò ministro della Guerra nella Repubblica di Salò, capo di quell’esercito che al servizio dei nazisti, si macchiò di tanti delitti contro la popolazione, partigiani e giovani che rifiutarono di entrare nell’esercito repubblichino. Alla fine della guerra si consegnò agli americani, venne processato e condannato a pochi anni di reclusione, ma fu liberato nel 1950 grazie all’amnistia. Concluse la sua carriera con la nomina a presidente onorario del MSI – Movimento Sociale Italiano.

La realizzazione ad Affile di quel monumento ha provocato l’indignazione degli antifascisti italiani ma poca partecipazione dei media che hanno dedicato scarsa    attenzione all’insolita costruzione. Se ne è occupata maggiormente la stampa straniera. Il New York Times aveva sottolineato quell’episodio scrivendo: ‘Come se in Germania avessero dedicato una statua a Goering’. Il sindaco di Affile era stato denunciato dall’ANPI per apologia del fascismo. Condannato dalla Corte d’Appello, è stato assolto in Cassazione.

In realtà l’Italia non ha mai rotto col fascismo. Dopo la guerra e l’entrata in vigore della Costituzione, il primo gennaio del 1948, l’apparato statale è rimasto nelle mani dei funzionari del vecchio regime: questori, prefetti, e magistrati hanno fatto carriera. Per esempio a Milano ai tempi della bomba in piazza Fontana era questore Marcello Guida, ex commissario a Ponza che permetteva le angherie della polizia contro i confinati politici tra cui Pertini.

Clamorosa fu la carriera del magistrato Gaetano Azzariti, nominato da Mussolini presidente del Tribunale della razza nel 1938. Dopo la guerra non fu sottoposto ad alcuna inchiesta, anzi nel ’55 fu nominato giudice della Corte costituzionale e due anni dopo ne divenne presidente al posto di Enrico De Nicola – dimissionario perché non accettava compromessi. Entrambi rappresentavano due Italie diverse.  

Già nel dicembre del 1946 era nato il Movimento Sociale Italiano, i cui vertici erano composti da ex-gerarchi fascisti passati alla Repubblica di Salò. Questi si consideravano una barriera contro il comunismo e più tardi il partito servì alla Democrazia Cristiana per una serie di compromessi – fino all’appoggio dato al Governo Tambroni nel 1960. 

Alle elezioni politiche del ‘72 il MSI ottenne il massimo dei consensi della sua storia elettorale: quasi tre milioni di voti, pari al 9% degli elettori. Un brutto colpo per la “Repubblica democratica nata dalla Resistenza”. A questo si aggiunsero altri colpi: il terrorismo dei due estremi con decine di attentati, stragi e assassinii.

E poi la consapevolezza dell’esistenza di un altro tipo di eversione, molto più subdola di quella politica: l’espansione delle mafie che ancora oggi avvolgono il Paese e ne condizionano una parte dello Stato e dell’economia.   

Sabato, 1 maggio 2021 – n°14/2021

In copertina: Leader del CNL – Comitato Nazionale di Liberazione sfilano a Milano il 25 aprile 1945 – Foto Archivio ANPI

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