La privazione di cure mediche è tra le maggiori torture
di Laura Sestini
Sapere cosa succede effettivamente nelle prigioni dei Paesi autocratici, come l’Egitto o la Turchia – giusto due Paesi intorno al Mediterraneo – non è cosa facile, specialmente da chi ci è passato attraverso e non vuole correre altri rischi di reato verso regimi particolarmente poco inclini alla libertà di parola.
Il caso più eclatante che conosciamo, che oltre per l’orrore dell’epilogo ci tocca in profondità per appartenenza nazionale e di rivendicazione per la verità – ancora piuttosto ingarbugliata e poco contemplata – è quello di Giulio Regeni. Per l’atroce omicidio sono accusati alcuni rappresentanti della Sicurezza egiziana che l’Italia non è ancora riuscita a portare a giudizio, e tantomeno l’Egitto, paese di origine in cui risultano – evidentemente – relativamente colpevoli, oppure dove potrebbero scontare la potenziale condanna come gli imputati sauditi del delitto Khasshoggi, in lussuose ville, messe a disposizione dai reggenti della monarchia. Recentemente la Turchia ha chiuso definitivamente il processo sul giornalista ucciso nell’Ambasciata saudita ad Istanbul, lasciando tutte le decisioni alla famiglia al-Saud.
Altro caso è Patrick Zaki, lo studente egiziano per cui tutti in Italia si sono mobilitati per la liberazione; scarcerato a dicembre dopo oltre due anni di detenzione nella famigerata prigione di Tora – una località a Sud del Cairo – ma tuttora sotto processo.
Recentemente un giornalista egiziano, che seguiva un sit-in politico per una rete indipendente locale online, è stato intervistato da una testata giornalistica pakistana in inglese che ne ha raccolto la testimonianza, naturalmente in anonimato. Il suo arresto avvenne per appartenenza ad un non ben definito gruppo fuorilegge e per aver divulgato notizie false nel 2013, e la successiva detenzione è durata sei anni. Tra l’altro il Pakistan è uno di quei paesi dove anche i bambini rischiano la pena di morte.
In sintesi l’uomo riferisce che una volta varcate le numerose porte blindate di un carcere egiziano, anche lui detenuto a Tora – El–Aqrab o Scorpion Prison – nella parte dedicata ai reati politici, non si riesce più realmente a vedere la luce del sole, e sei costretto in una cella affollatissima da dove non ti è permesso mai uscire. Durante la detenzione, il giornalista è stato trasferito almeno in due differenti prigioni, fino ad essere lasciato definitivamente a Tora – la prigione denominata ‘il cimitero dei vivi’.
La prigione dello Scorpione è composta da quattro reparti a forma di H. Ogni sezione ha quattro ali indicate dalla lettera H ed un numero, ogni dormitorio ha 23 celle occupate da un numero imprecisato di prigionieri. Ogni reparto – ed ala – rimane isolato, in modo che nessuno sa cosa sta succedendo nelle altre aree. I reparti hanno anche spartizioni di tipo detentivo, per esempio H2 è designato per i leader, perché i capi dei Fratelli Musulmani sono alloggiati in esso; H3 è destinato a detenuti di casi specifici come gruppi terroristici o ISIS. I condannati vengono rimescolati periodicamente per garantire instabilità tra di loro e come forma di abuso psicologico e fisico.
Se esci dalla cella una volta al mese per 10 minuti, devi ringraziare Dio per questa benedizione.
Il cibo è simile a quello che viene servito in ogni prigione egiziana, ma in quantità molto minore, ed è composto da lenticchie bruciate, fagioli aspri, riso bruciato, ecc. A volte è possibile ricorrere alla mensa, ma l’amministrazione penitenziaria vende i generi alimentari a prezzi rialzati del 60 per cento, quindi solo alcuni tra le migliaia di detenuti possono permettersi alimenti di qualità migliore, ed una volta ogni tanto, a discrezione dell’amministrazione stessa.
Per quanto riguarda tagli di capelli e barbe, l’addetto non si reca regolarmente in prigione, solo una volta ogni due o tre mesi. Nella sezione dove era stato collocato l’uomo c’era un solo tagliaunghie, che si poteva usare molto raramente. E comunque ogni reparto è gestito in maniera differente, in base alle guardie carcerarie ed i superiori che ci lavorano.
Poi ci sono le espropriazioni. Talvolta, con molta pazienza e determinazione, i familiari riescono a far recapitare ai detenuti del cibo o altri oggetti necessari, magari un lenzuolo pulito; ma se le guardie lo troveranno, verrà confiscato. Se troveranno una coperta in più che usi come tenda da doccia, verrà altrettanto requisita.
Ogni detenuto ha una tuta carceraria, oltre quella non puoi avere altro.
Ciò che il giornalista ritiene essere, però, il maggiore ed intenzionale sopruso verso i detenuti – una vera e propria tortura – è la negligenza medica, il trattamento medico necessario che viene regolarmente negato ai detenuti del complesso di massima sicurezza Scorpion, deliberatamente impediti di lasciare il carcere anche per cure mediche urgenti.
“La cosa peggiore in prigione è quando ti senti male e non c’è nessuno che ti aiuti, mentre con arroganza il sergente di turno informa che sarai considerato al mattino quando arriverà l’ufficiale superiore.”
La negligenza medica, nella prigione dello Scorpione, è una delle forme più gravi di tortura. È una pratica sistematica per uccidere i detenuti. L’amministrazione carceraria fa regolarmente sospendere il servizio per impedire ai detenuti di recarsi agli appuntamenti di controllo nell’ospedale centrale della prigione di Istiqbal – altra area di Tora. Oppure l’amministrazione ritarda la partenza del veicolo che deve portare il malato all’ospedale Qasr al-Ainy, così i pazienti perdono gli orari di appuntamento e non vengono visitati; la prigione non invia i referti medici alla direzione medica, che assegna i trasferimenti ospedalieri dei pazienti, o più semplicemente ai pazienti viene impedito di uscire dal carcere.
Le foto dei detenuti della prigione Scorpion, scattate durante i processi, dimostrano come i loro aspetti siano molto peggiorati dal momento dell’arresto. Le ragioni di ciò sono la esigua quantità di cibo e la mancanza di esposizione al sole. Immaginiamo di persone non autorizzate a lasciare le loro celle per un anno o due, unito al duro trattamento e gli insulti continui, gli interrogatori che si svolgono in carcere e varie torture e soprusi da parte degli agenti della sicurezza. Tutto ciò contribuisce allo stato di salute fisica, e mentale, dei detenuti.
Più o meno le stesse pratiche sussistono anche nelle prigioni della Turchia, soprattutto sugli oppositori politici e le minoranze etniche.
Per quanto concerne le sessioni di interrogatorio, i detenuti vengono scortati fuori dalle celle sotto stretta sorveglianza. I nomi dei detenuti vengono annunciati un giorno prima o lo stesso giorno della sessione in tribunale e le persone vengono fatte uscire dalle celle al mattino presto ammanettate tra loro a gruppi di tre; mentre se un detenuto è ritenuto molto pericoloso, viene ammanettato da solo con le mani dietro la schiena. Il mezzo di trasporto verso il tribunale è stipato con il maggior numero possibile di persone. Ci sono casi in cui i detenuti subiscono delle fratture dovute al sovraffollamento e alla guida spericolata.
Nel settore Scorpion ci sono imprigionati molti studenti, a cui l’amministrazione carceraria impedisce in più maniere di completare gli studi. Il carcere ostacola l’ingresso di quaderni e libri, o li vieta completamente.
La prigione manca proprio di standard di vita di base e indicare chi tiranneggia ed abusa dei detenuti è molto difficile, perché le guardie carcerarie non sono conosciute con i loro veri nomi, ma attraverso alias.
Ultimamente il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha ordinato la costruzione di un nuovo ed enorme complesso carcerario in stile ‘americano’ fuori dalla capitale, dove promette più spazio ai detenuti e tribunali incorporati per facilitare le visite dei parenti, perennemente rifiutate. Questo comprenderà otto carceri a Wadi El-Natrun, a circa cento chilometri dal Cairo. La decisione è stata presa dopo l’ammonimento all’Egitto degli Stati Uniti sui diritti umani, che andrebbero ad influenzare scambi commerciali, se non osservati.
Prontamente al-Sisi ha cercato di andare incontro alle richieste anche per lo stile estetico ed amministrativo del nuovo grande polo carcerario.
Secondo la testimonianza del giornalista, l’Egitto sta cercando di migliorare la sua reputazione all’estero: il regime è stato smascherato, le pratiche repressive ormai non sono più segrete neanche alla comunità internazionale. I resoconti che ogni tanto vengono pubblicati dalle organizzazioni per i diritti umani lo affermano, e per certo il regime non fermerà i suoi continui abusi sui detenuti. Costruire un nuovo carcere o lo sviluppo di una nuova strategia per i diritti umani attualmente è a consumo dei media interni e mainstream. Nonostante ciò il lavoro degli attivisti umani è indispensabile, ed ogni tanto riesce anche nell’obiettivo di qualche scarcerazione.
A dicembre 2020 il Parlamento Europeo ha definito “spaventose” le condizioni di detenzione in Egitto, ed ha chiesto di autorizzare un’organizzazione indipendente ad accedere al carcere di Tora per verificarle effettivamente, anche in relazione al sovraffollamento ed alla pandemia di Covid -19.
Secondo la dichiarazione dell’Associazione turca per i diritti umani (İHD) del 29 aprile 2022 ci sono più di 341.502 prigionieri nelle sovraffollate carceri turche. Tra questi ci sono 1517 detenuti malati, di cui 651 casi gravi. Le carceri turche continuano ad essere centri di maltrattamenti e torture.
Nel 2021, almeno 46 malati malati sono morti in carcere, secondo İHD, 24 di cui sono deceduti negli ultimi quattro mesi. Pertanto, è necessario un trattamento rapido dei detenuti gravemente malati, che non hanno possibilità di essere curati entro le strutture carcerarie. Anche il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha ordinato di costruire altre 36 prigioni in tutto il Paese, che sembrano presagire altre migliaia di arresti.
Sabato, 7 maggio 2022 – n° 19/2022
In copertina: Giulio Regeni – grafica di Mauro Biani (2021)