Coltivare visioni (seconda parte)
di Simona Podestà
Ci eravamo lasciati con una fatidica domanda: come abbiamo potuto imbarcarci tutti quanti sulla nave dell’accelerazione e del progresso come fosse l’unica scelta possibile e una fede globale, impossibile da far vacillare nonostante gli evidenti segni emergenziali di cui disponiamo?
L’argomento è bollente e molti autorevoli autori se ne stanno occupando, esprimendo le proprie opinioni attraverso libri e interviste.
Il futuro distopico è già qui: da Alessandro Baricco nel suo saggio sulla civiltà digitale “The Game” del 2018, allo scrittore americano Dave Eggers nel suo ultimo “The Every”, i tentativi di interpretazione della rivoluzione digitale sono molti e convergono nella presa di coscienza che la mutazione è già avvenuta trasformando la nostra specie.
Abbiamo accettato passivamente – e torniamo alla questione come fosse l’unica scelta possibile – di essere sorvegliati costantemente, 24 h su 24, nel disinteresse del nostro libero arbitrio, delegando ogni scelta, cedendo gran parte dei nostri processi decisionali, fidandoci più di un algoritmo che di noi stessi, stregati dalla voce flautata di Siri o di Alexa.
Delegando la memoria ai nostri dispositivi, la capacità di orientarci a Google Maps, la ricerca dell’anima gemella a Tinder, la procreazione alla fecondazione in vitro, abbiamo rinunciato a ciò che ci rende animali e nello specifico mammiferi.
Esiste anche un “tecnoconformismo” come dice Eggers, la leggerezza entusiasta con cui ci incanaliamo con cieca condiscendenza su nuove piattaforme, nuovi social: non ci basta Whatsapp, dobbiamo avere anche Telegram, stare su TikTok, comunicare con Zoom, twittare e via dicendo, senza valutarne l’effettiva utilità e quali effetti possano avere su di noi.
Adesso poi sta arrivando il Metaverso e dato che il mondo reale è dominato dalla paura e in perenne emergenza, probabilmente preferiremo quel mondo virtuale e ci scivoleremo dentro con facilità, come pesci nella rete. Una rete nelle mani di pochi eletti (che dire della recente acquisizione del social universalmente più diffuso da parte dell’uomo più ricco e potente al mondo? ).
Siamo diventati una specie totalmente impreparata ad anticipare i problemi, di conseguenza andiamo avanti come struzzi con la testa sotto la sabbia senza pensare all’eventualità che Internet possa anche collassare e gli esperti ci avvertono che il punto non è se collasserà ma quando.
La rete da tempo mostra le prime smagliature, segni di fragilità dovuti anche all’età, compie 40 anni, la sicurezza non è più garantita e molti pesci possono scappare.
Proviamo a immaginare cosa potrebbe voler dire un crollo informatico: molto peggio di una pandemia dai cui effetti ci hanno salvato isolamento e vaccinazioni.
L’impatto ci riguarderebbe tutti e sarebbe la fine certa del nostro sistema di vita.
E’ bastato un blackout di WhatsApp per due ore mattutine il 25 ottobre per mandare nel panico milioni di utenti e tutte le radio che costruiscono i loro programmi sulle domande e le opinioni degli ascoltatori attraverso messaggi vocali e non.
Prendo fiato, mi sono lasciata andare al catastrofismo.
Gli stessi autori citati ci fanno intravvedere anche vie d’uscita: occorre un nuovo Umanesimo, un’ecologia della mente che parta dal basso, dalla scuola soprattutto, offrendo esperienze diverse oltre al digitale. Se si dà la possibilità a una ragazza/o di relazionarsi con uno schermo luminescente o un essere umano che la/lo ascolti davvero, sceglierà sempre la persona.
Pensare all’ecologia come un sistema di mondi possibili verso cui orientarci, combattere la paura non con il coraggio ma risvegliando e moltiplicando i desideri.
Nuoto nell’oceano web alla ricerca di altre risposte e positive news e mi spiaggio su un’atollo luminoso dal nome intrigante. Leggere il manifesto di SOLARPUNK mi riempie il cuore e mi restituisce lievità: un movimento che immagina un futuro migliore e strade praticabili per arrivarci costruendo strategie operative per renderlo possibile.
SOLAR come simbolo di vita, energia sostenibile che diventa utopia possibile e che coltiva la speranza. PUNK come i germi e la pratica della rivolta verso il modello di sviluppo predatorio e insostenibile.
La visione è complessa ma chiara: inclusiva, femminista, ecologista, utopista, anarchica, organicista, anticapitalista, antirazzista, antipatriarcale, antispecista.
Il movimento non predica un ritorno alla natura ma persegue un progresso consapevole in cui scienza e tecnologia, usate in maniera trasparente e democratica, ci consentano finalmente di raggiungere l’equilibrio con la nostra biologia e il nostro Pianeta.
Parola chiave SPERANZA perché abbiamo tutti un disperato bisogno di narrazioni che superino le distopie catastrofiche e l’apocalisse come punto finale della civiltà.
Come si realizza? Attraverso letteratura, interviste, recensioni internazionali, forum, discussioni, arte.
Prendo altro fiato e mi abbandono speranzosa all’utopia.
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Versione in lingua bulgara: https://cafearte.bg/пътуване-между-изчезнали-ценности-и-д/
Prima parte : https://www.theblackcoffee.eu/viaggio-tra-valori-estinti-e-mutazioni-distopiche/
Sabato, 12 novembre 2022 – n° 46/2022
In copertina: immagine grafica di 0fjd125gk87/Pixabay